Pioveva.
Un temporale primaverile, di quelli improvvisi, totali, in cui il cielo scoppia sulla terra in secchiate d’acqua che arrivano da ogni parte.
Ero in bicicletta e qualunque riparo sarebbe stato insufficiente, inutile.
Pioggia in faccia, pioggia sulle dita che stringevano il manubrio intirizzite, pioggia sui pantaloni che si appiccicavano alle gambe.
La strada era ancora lunga.
Ero appena partita e già rivoli d’acqua scendevano fastidiosi dietro il collo, lungo la schiena, dentro la maglia, freddi.
La pioggia negli occhi restringeva il campo visivo allo stretto necessario per non finire al centro della carreggiata invasa dall’acqua, i capelli appiccicati alla fronte, zuppi.
Tutta quell’acqua inaspettata e inevitabile risveglia la gioia bambina dei piedi pieni nelle pozzanghere d’infanzia.
È divertente.
La pioggia mi scioglie il trucco in rivoli neri lungo le guance.
Le scarpe sono gonfie d’acqua, quando mi fermo ai semafori appoggio a terra piedi fradici e galleggianti. Non c’è nulla di asciutto, ormai, ma non c’è nemmeno nulla più di fastidioso: mi sono arresa all’acqua, pedalo e sono acqua, pedalo senza accorgermene, rido del riso semplice che viene col solletico.
All’ennesimo semaforo lo sguardo mi si appoggia sulla tettoia di un negozio a bordo strada: lì, sotto quel riparo comunque inadatto rispetto al diluvio, c’è un capannello di persone , alcuni con la bicicletta a mano. Certi mi guardano allibiti, certi condiscendenti; la differenza tra stare sotto la tettoia e bagnarsi lo stesso, ma con disappunto o timore, e stare direttamente dentro la pioggia, spontanea e divertita.
Pedalo via, col mio trucco sciolto, zuppa di gioia fino al midollo.
Il Viaggio vero è quello che porta alla propria natura.
Si cammina, con passo affannato e pesante a volte, a volte leggero e, all’improvviso, dietro un angolo, ci si imbatte in noi stessi.
Noi stessi, mica quello che abbiamo immaginato di essere o che vorremmo gli altri vedano in noi!
La nostra faccia vera, ripulita dalla biacca, dal trucco di scena che, magari senza saperlo o senza ricordarne i motivi, abbiamo tenuto per anni.
Prima di vederla, andava bene così: perché affaticarsi? Perché mettersi in Viaggio?
Perché pedalare sotto la pioggia?
Eppure è bastato permettere anche una sola volta uno sguardo sotto i trucchi, e viene la voglia irresistibile di togliere le maschere che il tempo e l’abitudine ci hanno incollato addosso.
Allora, l’unica possibilità è uscire da sotto la tettoia, mettersi in cammino, continuare a pedalare.
Lo Yoga è un Viaggio.
Un Viaggio personale che però si può condividere: ciascuno avrà il proprio passo, ciascuno avrà un modo di guardarsi specifico, ciascuno troverà quello che può o deve incontrare, ma a volte è bello muoversi insieme ad altre persone in cammino.
*immagine di Chema Madoz
Martina On 12/05/2013 at 3:30 PM
Ennesima citazione del buon H.D Thoreau (sempre Walden). "If a man does not keep pace with his companions, perhaps it is because he hears a different drummer".