Racconto d’India di Francesco Castellano, Yogin, giocoliere, arrampicatore e molto altro. Le giravolte della Vita hanno stranamente – ma nemmeno troppo – legato il suo viaggio ad un altro cammino indiano, il mio, avvenuto un anno prima (almeno così dicono i calendari…). Grazie mille, Francesco!
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Dr.Shanti– Che ci fai qui in India?
Citta Vrtti- Sempre bello cominciare con una domanda, non trovi?
D- (ci pensa un attimo)Perchè secondo te?
C- Ora però nei stai facendo troppe…
D- Rispondi a quella che preferisci
C– Nella domanda c’è la libertà del possibile, c’è il divenire, l’aspettativa, il desiderio, quindi la curiosità.. nella risposta c’è definizione e troppe definizioni annoiano la Verità… non sarebbe bello rispondere sempre con altre domande?
D– (di nuovo pausetta) Una buona risposta ha bisogno di un buon ascolto… forse basterebbe aspettare un attimo in più, anche solo il tempo di un buon respiro… o no?
C– (respiro) Come nel Corano: c’è scritto qualcosa come “se quello che dici non è più nobile e meraviglioso del suono del silenzio, allora taci”.
D– (pausa)
C– (pausa)
D– (pausa)
C– (pausa)
così per 89 pause poi
D– Hai letto il Corano?
C– No, l’ho sentito in un film.
D– (pausa)
C– (pausa)
cosi’ di nuovo per 101 volte…
D– Si, ma che ci fai qui in India?
M– Possiamo dire “Karnataka”? India è così grande e dispersivo… troppo.. troppo.. hai capito?
D– No, ma va bene lo stesso: solo inizia a rispondere che se no perdiamo il filo…
C– E cosa c’e’ di sbagliato nel perdere il filo?
D– (pausa) vabbè: che cosa ci fai qui i Karnataka?
M– (respiro lungo e goduto) per prima cosa..
D– (Avvicinandosi un po’) Siiii
M– … secondo me..
D– Siii
C– ..vince “Cosa” e io mi sa che ho perso.
D– (attonito e silenzioso)
C– ..come il filo.
D– eh?
C– Secondo me, per prima cosa, vince Cosa e io perdo…
Il Dr.Shanti non dice più nulla chiude gli occhi e inizia a respirare tranquillo. Poi le braccia come due serpenti in attacco, sferrano le mani verso il mio Citta Vrtti che rimane paralizzato. I pollici del dottore pressano su Anahata e Aj’na chakra e intorno a quei due centri inizia a colorarsi tutto con tonalità verde bosco di Faggi e Castagni. Il colore si espande e ricopre man mano tutto il corpo…
D– Che ci fai qui in India?
C– Digiuni, mezzi digiuni, yoga, ozio, costellazioni, clacson, fuochi sulla spiaggia, sorrisi, quel movimento della testa, Sab kuchh milega, cocchi da bere, mucche, lune piene, charas, nepalese, falo’ d’immondizia, odori, profumi o puzze che siano, bere da una bottiglia di plastica, montagnette di colori al mercato, notti in bianco, lune piene, luna un po’ storta, cacarella, guida nell’altro senso, giocoleria, coconutlassi, bananalassi, banglassi, tuk tuk, sarebbe bello fare uno progettospettacolo sulla spazzatura, tali, dal fry, masala dosa, camion agghindati a tempietti, scimmie…
D– …un verbo. (e lascia la digitopressione sui due chakra)
C– Masticare.
D– Ovvero?
C– In viaggio devo masticare bene il cibo fino a renderlo un poltiglione, un succo triturato da bere e da far conoscere al mio stomaco in una informa amichevole, più facile da digerire… e lo stesso per i nuovi incontri, nel gusto delle nuove scoperte, di tutti questi colori, questi rumori, i ritmi, questo fumo così saporito, nella fortuna casuale (o forse no) di conoscere Maestri..
D– Maestri?
C– Qualcuno che ha imparato a muoversi nel reale e ci sta comodo, leggero e sereno.. qualcuno che ha già dato un’occhiata in un buco di serratura interessante e lo racconta con la sua presenza, con l’agio delle sue azioni, i tratti del viso guadagnati con il sudore di certi viaggi, certi pensieri…
D– Qualcuno di importante?
C– Qualcuno o qualcosa: puo’ essere una frase di un libro, un’immagine, uno spettacolo un film… a questo proposito consiglio vivamente di guardare “Harvey” con James Stewart e i cartoni animati “Surf’s Up” e la serie “La leggenda di Aang, l’ultimo dominatore dell’aria” e “Le strane coincidenze della vita” e “Waking life” e uno spettacolo qualsiasi di Stephan Mottram e …
D– Hai già incontrato qualche maestro in questo viaggio?
C– C’era questo personaggio a Gokarna che bastava guardarlo per raddrizzare un po’ più la schiena, tutte le sere andava a cercare un falo’, si sedeva e iniziava a meditare o che so io, comunque potevi vedere la sua colonna vertebrale allungarsi e animarsi come un cobra.. Poi ad Hampi c’era Vicoss, un ragazzetto indiano che mi ha insegnato che lo yoga degli indiani è dormire nel letto, infatti al mattino veniva a guardarci fare yoga e salutava l’arrivo del sole comodamente rilassato sul suo crash pad..
D– Com’è stato ad Hampi?
C– Un paradiso di granito, un colloquio con un elemento che mi e’ appartenuto cosi’ tanto in passato, la meraviglia di scoprire la memoria e l’intelligenza del corpo, delle dita e degli avambracci.. consumarmi di roccia, di fatica, combattere la gravità, fidarsi di chi ti fa sicura in quel momento, un tuo Amico per quel momento, visualizzare Anuman alla fine di ogni boulder, che li’ li chiamano “problems” perchè son enigmi da svelare.. se ne risolvi uno guadagni la dignità di ritornare un po’ più scimmia e un nuovo strato di pelle dura sull’ultima falange.. Quando poi finisci di arrHampicare senti e tocchi le cose meglio, più nel dettaglio, nel micro..
D- ..E quando sei stato male?
C– Vorrai dire quando siamo stati male, solo che tu sei scappato.
D– Non son riuscito a stare.. scusa.
C– Dopo il paradiso, l’inferno, direi, niente di più scontato ed equilibrato: dodici volte al cesso in una notte e al mattino cHrampi alla pancia da desiderare di morire, o piangere o vomitare o fa lo stesso basta che passi, basta tornare alla normalità… mediocre, perfetta normalità.
D– Però non eri solo…
C– Nel male acuto si’: sentivo le persone vicine, ma erano sfocate, c’era solo il male allo stomaco che mi faceva implodere accartocciato su me stesso… Steo però è sempre stato li’ a tenermi d’occhio e a dirmi di cercare di rilassarmi, poi Gaia e Sara mi han portato l’acqua calda per il pancino e poi poco per volta ho ricominciato a respirare normale.. ed è stato bellissimo. Come rinascere. (silenzio)
D– Non vuoi aggiungere nient’altro?
C– Rimarrai la prossima volta?
D– Non te lo posso assicurare.
(silenzio)
D– Hai voglia di parlare di giocoleria?
C– Ho sempre voglia diparlare di giocoleria.
D– Perchè spesso la chiami Giocolosofia?
C– Perchè è una conoscenza, è un viaggio fisico, ma anche mentale.. riguarda il tempo, lo spazio, l’equilibrio, l’accettazione, l’errore, l’armonia, l’elasticità, l’attenzione, il movimento continuo e inarrestabile che sta al principio di tutto…. e un sacco di altre robe, ma fondamentale è che si tratta di un gioco e quindi è anche divertente, spontaneo e selvaggio… (pausa) Hanno detto che la formula per definire il Lavoro è Forza per Spostamento… ma non hanno trovato ancora la formula per il gioco, perchè la potenza goduriosa che muove il Giocare è troppo libera e imprevedibile per essere imbrigliata…
D– Però anche nel gioco ci son delle regole.
C– La prima è: se non vuoi giocare, puoi non giocare; la seconda: se sei pronto ad affrontare le conseguenza puoi comunque disubbidire. Poi ogni sistema-gioco avrà le proprie regole, le proprie forme e cosi’ via.. Ma il punto è giocare tutto il resto è meno importante.
D– Quali sono le regole della tua Giocolosofia.
C– Divertirsi, respirare, cercare di rispettare la fluidità di un movimento continuo, non andare contro, ma accompagnare, usare meno Forza possibile, stare a vedere che succede… un po’ come nell’Aikido o nella Capoeira… un dialogo costante tra quello che propongo e quello che mi viene proposto, uno scambio per nuove scoperte.
D– E lo Yoga?
C– Anche lo yoga per me è un gioco, solo un po’ più egoistico, un dialogo con noi stessi sempre più nel profondo, nell’impercettibile, nel…
D– Anche nello yoga ti diverti?
C– La mia Maestra si chiama Beatrice e il suo è uno yoga beato: prima della meditazione dice sempre “visualizzate il vostro mezzo sorriso di Buddha”: è un’immagine che possiamo ripescare nella giornata o nel giorno prima, o puo’ essere fissa per tutte le volte… quando, spontaneamente nella visualizzazione di quel momento, ricordo o fantasia, ci verrà da sorridere, quello è il mezzo sorriso di Buddha. Non è magari divertimento, ma serenità, pace, tranquillità… profonda, come il respiro che dovrebbe scandire il tempo di tutta la pratica…
D– Come dev’essere uno spettacolo?
C– Dev’essere un elogio alla poesia, alla creatività e dovrebbessere Etico. O molto molto divertente, ma anche in quel caso è etico… il punto è stare con lo spettatore, farlo giocare con le sue associazioni d’idee, le immagini prese da chissà che passato, le emozioni che si rimescolano da dentro con le nuove suggestioni che proponiamo noi, con il nostro lavoro.
D– vorrai dire gioco?
C– Volevo dire gioco: Quando salutiamo qualcuno che non se lo aspetta o compiamo una gentilezza gratuita, quel qualcuno restituirà la gentilezza a sua volta, è contagioso… alla fine dello spettacolo lo spettatore dovrebbe avere una sensazione simile… … se no è una masturbazione teatrale… (silenzio)
D– Puoi riassumere tutto sto pippone con una frase tua?
C– No, ma per fortuna ci ha pensato ciccio Nietzsche che dice “Maturità dell’uomo significa ritrovare la serietà che da fanciulli mettevamo nel giocare” o qualcosa del genere…
D– E’ il caso di dire ooOOOOOOOMMMMMMMMmmmmmmm…
C– …oooOOMMMMMMMMMMMMmmmmmmmmmmm
dopo 12 minuti…
D– OOOOMMMMMMMMmmmmmmmmmmmmmmmm
C– OOOOMMMMMMMmmmmmmmmm….
D– Bene, come chiudiamo?
C– Con una domanda?
D– Perchè no?
Anonimo On 02/04/2013 at 9:42 AM
Estrapolo: "Qualcuno che ha imparato a muoversi nel reale e ci sta comodo, leggero e sereno…"
Ho capito: sono stato maestro fino a trentacinque anni.
Bob Dylan ha cantato: "Ah, ma ero molto più vecchio allora, sono molto più giovane, adesso" frase che, ovviamente, può essere assorbita in tutte e due le maniere (almeno).
E difatti, alla fine, quel Nietzsche chiude il cerchio.
Grazie Laura (grazie Francesco arrampicatore yogico).
Ciccio