cosa significa l’amore tra il Dio e la Dea?
che conseguenze ha nella percezione di noi stessi e nel nostro modo di attraversare le esperienze della Vita?
chi è Shiva?
chi è Sati?
chi è Parvati?
cosa c’entrano con lo Yoga, col Tantra?
ecco la storia.
ecco la storia.
Shiva, il Dio, è il principio Maschile (attenzione, NON uomo, ma principio energetico maschile!).
è un dio strano: sembra un vagabondo, coperto di cenere, seminudo, scalzo, spettinato, con una falce di luna tra i capelli e il fiume Gange che gli sgorga sulla testa (questa, però, è già un’altra storia), adornato con monili di serpenti vivi.
se ne sta eternamente raccolto in meditazione in qualche picco montano, inaccessibile quanto lui.
la Dea, la Shakti, è la potenza, l’energia, è la Vita, il principio energetico Femminile.
facciamo iniziare la storia nel momento in cui Brahma, che per l’appunto è il dio dell’inizio, chiede alla Dea, alla Shakti, di incarnarsi in una donna e portare Shiva nel mondo, nella Vita, distogliendolo dalle sue pratiche ascetiche (le motivazioni di Brahma stanno in un’altra storia ancora).
La Dea accetta e sceglie di nascere al mondo come figlia di Daksha: questo signore è un re arcinoto ed è nientepopodimeno che figlio di Brahma stesso.
Daksha è un fervente e rigoroso adoratore della Dea, e la sua gioia è enorme quando riceve in sogno una visita proprio della Dea in persona, che gli dice “ho scelto te e la tua sposa come genitori, mi incarnerò nel grembo di tua moglie. sarò vostra figlia ma, attenzione: non dimenticarti mai che anche come tua figlia, sarò pur sempre la Dea. trattami con rispetto perché, se non lo farai, me ne andrò immediatamente”.
non fa fatica a promettere, Daksha.
così nasce Sati, la Dea incarnata.
è una spettacolare principessa, una meraviglia della natura per bellezza, saggezza e intelligenza.
Daksha è felice e non vede l’ora di maritarla a qualche valoroso re del circondario.
ne arrivano a ondate, di pretendenti, da tutto il mondo. ciascuno incantato dal fascino di Sati, ciascuno chiedendola in sposa.
solo che lei, Sati, rifiuta tutti.
ha un pensiero fisso: da quando è nata, lei vuole solo Shiva.
il che è complicato, dato che lui, Shiva, se ne sta per l’appunto in meditazione sulla montagna più alta del mondo, lontano da tutto e decisamente inadatto alla vita di corte che una principessa dovrebbe condurre.
ma Sati è irremovibile.
o Shiva, o niente.
Daksha si deve arrendere all’evidenza: Sati non sposerà alcun re.
la stessa Sati decide di lasciare gli agi delle reggia paterna e di ritirarsi in meditazione nei boschi, pensando che l’unico modo per incontrare Shiva sia seguire le stesse pratiche ascetiche che il Dio conduce.
da principessa ad eremita, la Dea incarnata pratica il digiuno, la meditazione e l’ascesi come se non avesse mai fatto altro in vita sua; con tale concentrazione da surriscaldare gli iperurani dove i deva dimorano.
lassù finiranno arrostiti se non si mette fine in qualche modo alle pratiche di Sati, e tutti allarmati i deva chiedono a Shiva di aiutarli. il mestiere di un dio è ascoltare le suppliche e esaudirle, e Shiva esce dalle sue austerità: nota Sati, se ne innamora e i due convolano a nozze.
…e vissero felici e contenti? nemmeno per sogno.
infatti c’è chi non è per niente contento di questo finale: Daksha, il padre di Sati.
c’era stato un piccolo “misunderstanding” tra i due, in passato, del tipo che ti capita quando incroci qualcuno che forse non sei sicuro di riconoscere o che ti riconosca e quindi passi oltre senza rivolgergli nemmeno un cenno di saluto, magari fingendo di non averlo notato.
beh, la prossima volta che vi capita, ricordatevi di questo mito.
e salutate per primi (l’episodio è di per sé un’altra storia ancora).
insomma tra Daksha e Shiva c’è della ruggine; quel genero sporco, disordinato, impresentabile e indifferente alle cerimonie, a Daksha non va proprio a genio.
e un bel giorno decide di vendicarsi organizzando una grande cerimonia rituale.
invita tutti: tutti i deva, Brahma e Visnu (che insieme a Shiva compongono la Trimurti, la trinità di divinità più potenti delle altre), i rishi (i saggi dei tre mondi, dotati di superpoteri divini), i re….tutti sanno del grande rituale, tutti sono stati invitati: ciascuno avrà la propria parte.
[perché le divinità nei rituali ricevono un’offerta, ed è dall’offerta che traggono nutrimento.
in fondo, a un dio che non venisse pregato da nessuno, cosa resterebbe?]
ci vanno tutti; tutti tranne Shiva e Sati, che invece non sono stati invitati.
naturalmente a Shiva non potrebbe interessare meno della cosa, ma Sati decide di andare da suo padre e capire come mai non li ha chiamati.
quando si presenta, scopre che non è affatto una dimenticanza: Daksha intendeva proprio umiliare Shiva escludendolo dal rituale, infatti la parte di offerte normalmente destinate a Shiva non c’è…
Daksha tratta Sati con freddezza, le dice che quel suo marito che se ne va a zonzo per campi crematori, cosparso di ceneri, non usa abiti ma una pelle di tigre intorno ai lombi (un po’ Tarzan) e porta ogni sorta di serpenti addosso, non è degno per niente di stare accanto alle altre divinità.
in ogni caso organizzare il più grande rituale di tutti i tempi senza tener conto di colui che si era respirato il miasma emerso dal Frullamento dell’Oceano di Latte, rende il rituale stesso inutile, è solo follia.
una follia con conseguenze pesantissime.
avete presente quando si dice “offendersi a morte”? beh, Sati lo fa, alla lettera.
ricorda di essere l’incarnazione della Dea.
ricorda di aver avvisato Daksha, prima di nascere, che mai avrebbe dovuto mancarle di rispetto, cosa che invece è appena accaduta.
e si uccide: è la perfetta Yogini e chiude immediatamente tutti i chakra: muore all’istante.
già che la Dea si uccida sarebbe un epilogo tragico, ma ancora non è finita.
siccome le disgrazie non arrivano mai sole, mentre tutti i partecipanti al rituale sono raggelati dallo spettacolo del cadavere di Sati, arriva Shiva.
il quale non è certo noto per il suo buon carattere; figurarsi come può reagire al suicidio della moglie uno che di mestiere fa il Distruttore!
dalla sua rabbia nasce Virabhadra: un demone feroce e invincibile, che distrugge tutto.
mena a destra e a manca, spacca teste, taglia a pezzi chiunque si trovi sul suo cammino.
Daksha è il primo a rimetterci la testa.
la furia sembra inesauribile, finché, all’improvviso, Shiva si trova davanti al cadavere di Sati.
si raggela, e la rabbia cieca lascia il posto al dolore, al lutto, alla disperazione.
Virabhadra scompare.
il Dio prende in braccio il corpo di Sati e inizia a vagare per il mondo, piangendo disperato.
danza la Tandava, Shiva: la danza della distruzione, col cadavere dell’amata in braccio.
i deva sono in scacco: finché Shiva non si stacca dal cadavere di Sati, al quale il potere del dio impedisce di decomporsi, la Dea non potrà reincarnarsi.
ed è invece urgente che la Dea torni nel mondo, perché nel frattempo il terribile asura (demone) Taraka sta sconfiggendo i deva.
come Mahishasura, anche Tarakasura si è meritato, sempre da Brahma, l’esaudimento di un desiderio.
ma, più astutamente rispetto al demone-bufalo, ha chiesto di poter essere sconfitto solo da un figlio di Shiva e Shakti, ben sapendo che Shiva se ne stava da eoni in meditazione sul monte più inaccessibile del cosmo e ritenendo impossibile che la Dea potesse svegliarlo.
il desiderio è stato esaudito e ora la situazione è tragica: Sati è morta, la Dea non può incarnarsi di nuovo finché Shiva resta abbracciato al cadavere, il che rende impossibile il concepimento di colui che potrà sconfiggere il tremendo Tarakasura, che intanto sta facendo il bello e, soprattutto, il cattivo tempo tra i deva.
[continua]
Martina On 26/05/2013 at 8:07 PM
Attendo con ansia la seconda puntata…