“avatar” (parecchio prima di essere un film) è il termine usato per indicare le manifestazioni salvifiche di una divinità nel mondo e Visnu è, per contratto, quello della Trimurti (la Trinità indiana composta da Brahma, l’Iniziatore della Vita, Vishnu il Conservatore della VIta, Shiva il Distruttore) il più gettonato ad apparire ogni volta che un Universo sta per collassare anzitempo.
vista la vocazione, è naturale che sia lui a seguire pazientemente Shiva nella sua danza selvaggia e disperata.
ogni volta che può, Visnu taglia un pezzo del corpo senza vita di Sati: spera che, quando Shiva si ritroverà senza il cadavere tra le braccia, si fermerà, finalmente, e allora la Dea potrà rinascere.
così sulla terra cade una pioggia di parti della Dea (52, per alcuni 108, comunque un bel po’), e i luoghi in cui cadono, lungi dall’essere il raccapricciante teatro di una scena splatter, saranno invece per sempre sacri e benedetti dalla Dea.
[comunque non sono solo le Dee a venire affettate: infatti l’episodio della Dea fatta a pezzi ricorda da vicino un’altra storia, quella “mediterranea” di Iside e Osiride, solo che lì è il Dio, Osiride, a venir e ucciso smembrato in 14 parti (numero associato ai cicli lunari: il tempo che la luna ci mette a crescere e calare), creando altrettanti luoghi sacri].
quando Shiva si accorge che il corpo di Sati non c’è più, si toglie dal mondo ben deciso a non tornarci, sprofondando in meditazione nei reconditi meandri di un picco montuoso.
in India, però, niente è eterno, nemmeno la morte: la Dea rinasce.
stavolta da re Himavat (l’Hymalaya), con il nome di Parvati, che infatti vuol dire montagna.
e di nuovo dimostra fin dall’infanzia una vera e propria fissazione per Shiva. lo prega in continuazione, ne adora l’immagine come le ragazzine di un tempo veneravano i poster con le effigi dei cantanti dell’epoca (mi accorgo – sic! – solo ora che ignoro se gli adolescenti contemporanei conservino quest’usanza vetusta o se l’abbiano sostituita con altro…).
qui entra in gioco uno dei rishi, che sono i saggi coi superpoteri: si chiama Narada.
per una serie di circostanze (che naturalmente stanno dentro un’altra storia), Narada è destinato a viaggiare senza tregua tra i vari mondi. una sera lo trovi a cena con Visnu e Lakshmi, la mattina dopo se ne sta sulle rive del Gange in compagnia dei bramini…non solo Narada sa il fatto suo, ma è anche sempre informatissimo sulle ultime novità dei tre mondi.
nel suo girovagare, arriva sull’Himalaya e predice a Parvati e ai suoi genitori che la fanciulla è la predestinata compagna di Shiva; stavolta il padre della Dea è contento della notizia e, benché si sappia che Shiva è pietrificato dal dolore e non degni di uno sguardo non dico le donne, ma nessuno al mondo, Himavat decide di accompagnare Parvati presso il Dio.
infatti, combinazione!, Shiva per il suo ritiro ha scelto proprio una delle montagne che stanno nel regno di Himavat, e siccome il re fa in modo che la sua meditazione non venga mai turbata, Shiva ricambia la gentilezza accogliendo la richiesta che Parvati rimanga presso di lui per servirlo.
anche se Shiva acconsente, non gli scappa un’occhiata a questa bellissima fanciulla, e tantomeno si accorge che in lei, in Parvati, Sati ha ripreso vita.
vedendo che Parvati veniva accompagnata alla montagna di Shiva, l’ansia dei deva si era placata, solo per lasciare nuovamente posto alla disperazione: la meditazione del Dio è troppo profonda, non si riesce proprio a riportarlo nel mondo.
è un bellissimo giovane, armato di arco e frecce fiorite, dalla mira infallibile e dal risultato certo: chiunque venga colpito dai suoi strali, cede al desiderio.
proprio chiunque, ci è cascato anche Brahma che lo ha generato (tanto per cambiare, questa è un’altra storia).
è l’unico che può accelerare le cose, così i deva lo convincono a intervenire.
Kama parte insieme alla sua inseparabile compagna Rati, la passione, e per questa missione si fa accompagnare anche da Vasant, la primavera.
così, sul quel picco montano gelido e lontano dai clamori del mondo, improvvisamente è tutto un fiorire, cinguettare e soffiar di zefiri che già da solo scioglierebbe anche il cuore più freddo.
Shiva però non muove un muscolo da eoni, e continua a restare sprofondato in meditazione.
in questa cornice leziosa e propizia, Kama scocca sicuro il suo dardo e colpisce Shiva, esattamente nel momento in cui Parvati gli si trova davanti.
i deva si sono precipitati a spiare la scena, nascosti dalla vegetazione.
tutti trattengono il fiato.
Kama, Rati, Vasant, Parvati, i deva…
Shiva apre un occhio, uno solo, il terzo occhio al centro della fronte.
finalmente si è mosso!
ma lo sguardo del terzo occhio di Shiva incenerisce, all’istante, Kama, che lo ha disturbato.
tutti si disperano.
i devache non vedono vie d’uscita alla sconfitta da parte di Tarakasura. Rati che, incredula, raccoglie le ceneri dell’amato.
qualcos’altro, però, è successo: nell’incenerire Kama, Shiva una sbirciata al mondo l’ha dovuta dare.
e ha visto Parvati.
e se ne è invaghito, all’istante.
nessuno può resistere a Kama!
Shiva però è un po’ confuso dalla situazione e non comprende subito che Parvati e Sati sono la stessa Dea.
così Parvati, visto che stare presso Shiva non serve a far sì che lui si accorga della sua dedizione, pensa che per vincere il cuore del Dio deve dedicarsi all’ascesi, come aveva fatto un tempo lontano, di cui ha forse pochi e sfocati ricordi: se ne va nella foresta, si nutre solo di foglie, si copre con abiti di corteccia, medita tutto il tempo.
un giorno, un giovane bramino arriva presso di lei.
poiché una ragazza bellissima e certamente di nobile casato che pratica l’ascesi in una foresta è una visione surreale, il bramino le chiede il motivo della sua presenza lì.
Parvati spiega che sta cercando di attirare l’attenzione di Shiva.
il bramino non crede alle sue orecchie: ma come?!? una principessa innamorata di quel dio così poco presentabile?
mai parlar male dell’amato a una fanciulla innamorata: Parvati a momenti lo strozza.
il bramino, però, non è un vero bramino, è Shiva travestito che, incredulo, ha messo alla prova l’amore di Parvati; la reazione della Dea gli basta per manifestarsi.
il racconto finisce qui, con l’unione felice di Shiva e Shakti, con la certezza che, prima o poi, il demone Takasura potrà essere vinto dal figlio di Shiva e con il povero Kama che, su gentile concessione di Shiva che lo ha incenerito, rinascerà presto. per la cronaca anche Daksha, il padre di Sati, verrà resuscitato da Shiva e, al posto della testa che gli è stata mozzata, avrà per sempre quella di una capra.
i miti, lo sappiamo bene, raccontano di noi, di ciascuno di noi.
ci parlano oltrepassando gli schemi, superando le rassicuranti logiche della mente raziocinante.
vanno dritti alle viscere.
l’amore tra Shiva e Shakti è la storia di una scoperta, dell’incontro tra aspetti prima sconosciuti.
non basta un contatto fugace, non basta l’intuizione dell’esistenza di qualcosa d’altro: l’elemento incontrato va integrato, perché gli aspetti di noi che non comprendiamo del tutto causano distruzione e sofferenza.
Shiva e Sati non vengono riconosciuti da Daksha e finisce male: Sati implode e si uccide; Shiva esplode e distrugge tutto ciò che trova.
è la disintegrazione totale.
le cose cambiano solo quando entra in gioco Kama, il Desiderio, l’energia suprema, il motore della Creazione, della Vita.
è la divinità più potente, tanto che non c’è elemento che possa resistergli: senza desiderio, il mondo non esisterebbe.
Kama è il primo movimento, è la prima scintilla alla Vita.
è il desiderio muoverci e a muovere il mondo.
ma mettere in campo Kama non è una passeggiata: serve Tarakasura, il rischio del collasso totale.
solo allora Kama interviene e ci spinge oltre i nostri limiti, oltre le nostre paure, oltre i nostri timori.
solo allora Shiva e Shakti possono incontrarsi e integrarsi reciprocamente, davvero.
solo allora il mondo può iniziare, ancora una volta.
[prima parte qui]