le avventure della Terra e del Cinghiale – ovvero Prithvi e la Stabilità
Written by Laura on 18/10/2018
In questa storia indiana ci sono rapimenti, discese in fondo all’Oceano di prima dell’inizio salvataggi, lotte titaniche; in questa storia c’è, anche, una stabilità acquisita…
È mai capitato a qualcun’altro?
‘Toccare il fondo’ (che per ciascuno ha una sfumatura differente), risalire, trovando stabilità, una saggezza diversa, una visione allargata, una pazienza rinnovata?
Ecco, la storia è questa.
Non è un caso se i miti indiani, spesso, iniziano con un Asura = demone: infatti gli Asura non sono mica, banalmente, brutti-malvagi-cattivi (o, almeno, non sempre, come saremmo invece portati a pensare quando traduciamo il termine con ‘demoni’).
Essi sono le qualità energetiche che stanno nell’ombra, al buio: e dunque quelle sconosciute.
Il primordiale timore del buio – anche se fingiamo, dignitosamente, di averlo superato fin dai tempi lontani dell’infanzia – è legato al fatto che ignoriamo cosa ci sia lì, nascosto nelle tenebre.
Magari c’è qualcosa di sorprendente, potrebbe trattarsi di un incontro utile alla nostra crescita.
Per questo mi piace che le storie inizino con un Asura: iniziano con una sorpresa.
Questa storia non fa eccezione.
L’Asura si chiama Hiranyaksha, che significa Occhio-d’-Oro; la madre di Occhio-d’Oro è Diti, la Madre Cosmica, mentre il padre è Kashyapa, il primo dei Rsi, i veggenti: il capostipite, così antico che, a quanto pare, da lui discendono i Deva (Dei), gli Asura (anti-dei, ombre), i Naga e l’umanità tutta.
Insomma Dei e Asura sono tutti figli dello stesso padre, e sono in costante lotta tra loro. Come nel simbolo del Tao, ombre e luci danzano, e dalla loro danza emergono energie diverse, colori differenti…nessuna delle due può prevalere definitivamente sull’altra, altrimenti la Vita, che è movimento, è vibrazione, avrebbe termine…
Com’è possibile che il figlio di una coppia simile sia un Asura, oltretutto parecchio malvagio?
Pare che, in un’incarnazione precedente, Occhio-d’Oro e il suo fratello gemello (Asura quanto lui) fossero i guardiani della dimora celestiale di Visnu, il conservatore della Vita (apparirà tra poco come Cinghiale Cosmico, in questa storia); e quando alcuni veggenti si presentarono, chiedendo di incontrare Visnu, loro come custodi della tranquillità di Visnu glielo impedirono [come farebbe qualsiasi brava guardia del corpo degna del proprio incarico, eh!].
I veggenti non la presero bene: infatti, li maledirono.
Dovete sapere che le maledizioni dei veggenti facevano paura a tutti perché erano implacabili.
Stavolta, ai due guardiani tocca di rinascere Asura.
Comunque sia, da Diti, la Madre Cosmica, nascono Hyranyakasha, Occhio-d’-Oro, e suo fratello, Vestito-d’-Oro.
Mi ha colpito, questo dettaglio dell’occhio d’oro.
Gli occhi d’oro sono soprannaturali, evocano super poteri.
Un modo diverso di guardare il mondo.
Nella mitologia classica pare che la maga Circe, quella, per intenderci, che trasformò i compagni di viaggio di Ulisse in maiali, avesse occhi d’oro (e anche in quella vicenda ci sono superpoteri, occhi d’oro e maiali, cioè una versione più domestica e ben educata del cinghiale che sta per arrivare).
È chiamato Occhio-d’-Oro pure un altro personaggio della mitologia indiana, Kubera, che è il custode dei tesori: pare infatti che, una volta, avesse affermato che il denaro può comprare tutto, così la Dea gli tolse un occhio, incitandolo a rimpiazzarlo.
E, lui, con cosa lo fece?
Esatto, si mise un occhio d’oro!.
Così uno dei suoi molti nomi è Ekaksipingala che vuol dire quello con l’occhio d’oro, o giallo.
Tornando al ‘nostro’ Occhio-d’Oro, l’Asura, lui i superpoteri non li ha, non dall’esordio.
Ma sa bene come procurarseli: armato di incrollabile pazienza, decide infatti di praticare austerità rigidissime, dedicandole a Brahma, l’Iniziatore della Vita. Il dio, dopo anni e anni di preghiere, gli appare e gli concede la realizzazione di un desiderio.
Infatti, come ben sappiamo, il mestiere del numinoso è, una volta invocato correttamente, di esaudire i desideri e rispondere alle preghiere. Anche se sei un Asura…
Occhio-d’Oro chiede e ottiene di dominare l’intero mondo; in particolare ottiene che nessun animale elencato lì per lì, di fronte a Brahma, abbia mai il potere di ferirlo o ucciderlo.
Il fatto è che si dimentica di nominare un solo animale: indovinate quale?
Infatti.
Occhio-d’Oro inizia subito a creare scompiglio, saccheggiando ogni cosa di valore dalle creature del mondo, inclusi i testi sacri indiani. Sfida perfino a duello tutti i semidei, uno ad uno, ma nessuno di loro accetta.
Decide allora di trascinare Prithvi = la Terra, nel fondo dell’Oceano primordiale, e di tenerla prigioniera lì; ma, quando manca la Terra, cosa succede?
La Vita non riceve sostegno, si spegne, resta spazio solo per l’immobilità e la morte!
Come sempre, quando la Vita stessa è in pericolo, quando l’universo è al punto di collasso, deve per forza intervenire Visnu, che perlappunto di mestiere fa il Conservatore della Vita: lui è quello che arriva e salva nelle situazioni più critiche.
Stavolta prende la forma di un cinghiale, che era l’animale scordato da Occhio-d’Oro nel suo elenco: inizialmente, Varaha il Cinghiale esce dalle narici di Brahma (l’Iniziatore della Vita, e anche, in fondo di questa storia) come una piccola bestiolina delle dimensioni di un’insetto, ma inizia subito a crescere.
Diventa grande come un elefante, e cresce ancora, ancora, fino a diventare come una montagna, finché il suo corpo immenso occupa tutto lo spazio tra la terra e il cielo.
Il Cinghiale Varaha si tuffa nelle profondità dell’oceano, per salvare Prithvi.
Ovviamente incontra Occhio-d’Oro, che gli si para davanti e non ci pensa nemmeno di lasciare Prithvi libera; il loro combattimento dura mille anni, finché il Cinghiale, finalmente, distrugge Occhiod’Oro.
Riporta Prithvi, la Terra, a galla: e le acque primordiali, mentre la Terra e il Cinghiale risalgono in superficie dalle profondità più oscure dell’oceano, vengono agitate da onde enormi, mulinelli, cascate…quando tutto si placa, il Cinghiale Varaha distende la Terra, Prithvi, ben bene, modellando montagne e continenti, in modo da renderla nuovamente abitabile.
D’altronde ‘Prithvi’ significa ‘estesa’, ‘distesa’.
È il principio di fertilità, la fonte di ogni vegetazione, ed è la stabilità, e il sostegno degli esseri viventi.
Lei è paziente come nessun altro, e porta sul petto il peso di tutto ciò che vive.
Il Cinghiale, di fatto, rappresenta la rinascita della Terra.
Se siete arrivati fin qui, forse vi sarete accorti anche voi che questa storia ha qualcosa di noto, come quando ci presentano qualcuno che, con certezza, non conoscevamo prima, ma ci pare familiare…
Se vi è capitato con anche con questo mito indiano (e non solo col cugino del vostro vicino di casa), potrebbe dipendere dal fatto che, nella mitologia classica occidentale, c’è una storia affine, con dentro il rapimento di una dea verso luoghi sotterranei, il recupero della dea stessa, un cinghiale…è il mito di Demetra/Persefone, rapita da Ade nell’oltretomba; anche qui la Vita è in pericolo, e uno degli animali attribuiti a Demetra è proprio il cinghiale.
Certo, nel mito indiano c’è una lotta tremenda, mentre in quello greco manca lo spargimento di sangue, manca Occhio-d’Oro. Perché Ade dell’oltretomba, delle oscurità, delle aree sconosciute, del buio, è potentissimo e non ce lo sogniamo nemmeno di poterlo distruggere. Il mito greco trova un compromesso: dice che periodicamente la Dea deve tornare a regnare le zone oscure, e periodicamente risalire. Ade, in pratica, è un’energia molto più definitiva rispetto a Occhio-d’Oro (ha già i superpoteri, lui, non ha bisogno di procurarseli): con una qualità simile, si può solo negoziare, mica si può pensare di annientarla!
Prithvi è l’essenza dell’elemento Terra. È ‘colei che sostiene ogni cosa’: infatti nell’iconografia è rappresentata seduta su una piattaforma quadrata (= simbolo della stabilità e della terra), sorretta da 4 elefanti, che sono i 4 angoli del mondo. Può avere due o quattro braccia; spesso è rappresentata con del grano o frumento in una mano, esattamente come le rappresentazioni di Demetra, e una delle mani è sempre in Abhaya Mudra, che è il gesto simbolico, Mudra, ‘che scaccia la paura‘; l’altra è in Varada Mudra, il gesto ‘del dono‘.
E cosa c’è di più rassicurante della Terra che ci dice ‘Non aver paura, ti darò quello che ti serve’?
Per questo Occhio d’Oro e Ade sono comunque simili: se non ci fossero loro, nelle due mitologie affini eppure differenti, non potremmo sapere che i ‘mondi’ possono comunicare, che si può finire nell’oscurità dell’Ade o del fondo dell’oceano.
Se non ci fossero loro, non sapremmo che, capitasse mai di perderci nel buio, di toccare il fondo, beh da lì si può risalire.
Che possiamo attivare le energie che ci salvano (con un lotta pazzesca, oppure con una negoziazione).
Che, alla fine, Prithvi, la Terra, sostiene sempre tutti gli esseri viventi e quindi anche noi, se solo ci autorizziamo a lasciarci sostenere, ad avere più fiducia nel movimento della Vita.
NB: per provare l’energia di Prithvi, c’è anche un bellissimo Mudra dedicato, QUI.