Amo le storie.
Amo, soprattutto, le storie che mettono l’inizio in parole, il “mito dei miti”, per la particolare tenerezza che innesca scoprire come è stata vista la nascita del cosmo.
Questa versione in particolare del mito dei miti è una delle mie preferite.
Sarà che amo i racconti con le Dee.
Sarà che la protagonista è una dea metà serpente e, come alcuni sanno, le Serepentesse mi sono particolarmente simpatiche.
Sarà che la mia naturale inclinazione al disordine mi porta ad ammirare chi, come la dea Nuwa, crea ordinando e (ri)ordinando protegge.
Capita spesso, infatti, nei miti dei miti, che lo stato di partenza sia un gran minestrone di cielo e terra, un caos di indefinitezza, elementi totalmente mescolati, compenetrati, senza definizioni né confini. Di solito, a un certo punto qualcuno decide di separarli.
In questa storia la decisione di accendere l’interruttore dell’Universo viene presa proprio da Nuwa, dal corpo serpentino: si mette d’impegno e piazza delle belle colonne a sostenere la volta cosmica per staccare il cielo dalla terra, mette ordine nell’indifferenziato, crea il mondo e lo riempie.
E all’inizio è una gran fatica! Ma vinta l’inerzia e messo in moto il mondo, tutto diventa più leggero e divertente: montagne, laghi, fiumi, mari, animali le vengono di getto, facilmente.
E giocando si sorprende a guardare la propria immagine, riflessa su uno specchio d’acqua…Nuwa, che per fortuna del genere umano non è Narciso, anziché cascarci (dentro), decide di riprodurre quello che ha visto e che l’ha così colpita, usando l’argilla del fondo limaccioso.
In questo modo lieve crea uomini e donne, e regala alle proprie creature due gambe, adatte a muoverle in quel mondo nuovo di zecca.
In questo modo lieve crea uomini e donne, e regala alle proprie creature due gambe, adatte a muoverle in quel mondo nuovo di zecca.
Come in quasi tutte le storie che si rispettino, anche qui c’è una guerra.
Si tratta di una lotta violentissima, devastante, tra demoni del mondo sotterraneo; così sanguinosa da far tremare la terra intera. Da far crollare il cosmo stesso, da far tentennare le colonne che reggono tutti i cieli, quelle colonne che Nuwa, l’ordinata, aveva costruito con grande pazienza.
Pare che il cielo si schianti sulla terra, e la terra non può sopportarne il peso, e, dalle sue profondità ctonie materializza un terribile drago nero che distrugge tutto ciò che incontra.
Ogni cosa impazzisce: gli animali, terrorizzati, fanno strage di uomini.
Ogni cosa impazzisce: gli animali, terrorizzati, fanno strage di uomini.
Chi può salvare la situazione? Solo la dea dal corpo di Serpentessa, colei che ha creato e ordinato, potrà, ri-ordinando, pacificare.
E tutto si ripete: Nuwa si rimette al lavoro, per ricostruire i pilastri che tengono il cosmo organizzato; tira su il cielo dai quattro angoli come se mettesse ad asciugare un enorme lenzuolo azzurro.
Sconfigge da sola il drago, e placa gli animali impazziti.
Ogni cosa al proprio posto.
E tutto si ripete: Nuwa si rimette al lavoro, per ricostruire i pilastri che tengono il cosmo organizzato; tira su il cielo dai quattro angoli come se mettesse ad asciugare un enorme lenzuolo azzurro.
Sconfigge da sola il drago, e placa gli animali impazziti.
Ogni cosa al proprio posto.
Quasi.
Infatti la dea, esausta, si stende a terra per non rialzarsi più; il suo corpo diventa un’enorme catena montuosa della Cina, ricordo del tempo antico in cui la dea Serpentessa aveva tirato fuori il cosmo dal disordine primordiale.
Mettendo al mondo, il Mondo.
* la versione di questo mito su cui ho basato il racconto viene da “Le cento grandi divinità” di Stefano Caso